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Corde in budello nudo: tentativo di svisceramento di pensieri antichi e sempre nuovi.

Oggi ho ritrovato in un cassetto un vecchio taccuino, carta dal colore leggermente ambrato, a righe, perfetta per scrivere. La copertina è robusta e splendidamente decorata sui toni del dorato con l’incisione di uno spartito di Mozart, La Chasse - la caccia - un balletto composto a Parigi nel 1778. Esattamente in questo piccolo scrigno dei tesori 14 anni fa, all’età di 14 anni, decidevo di annotare accuratamente e fittamente i miei pensieri: racconti, emozioni, paure, sogni, desideri, domande sull’esistenza e sul futuro che mi attendeva… Una vera e propria caccia, forse al tesoro!


Magari per qualcuno questi anni potranno sembrare pochi, eppure oggi sono la metà della mia vita. Ho infatti già vissuto altrettanti anni, e tutto è mutato e muta ancora, anche in questo esatto momento in cui sto nuovamente scrivendo. Quante cose cambiano attorno a noi e dentro di noi, e quante altre restano invece sempre un poco le stesse… Ad esempio, questa mia voglia di scrivere per raccontare, il desiderio di esprimere su carta un mondo interiore fatto di immagini e pensieri, a volte confusi, a volte estremamente nitidi. Non è così facile trovare un compromesso con noi stessi per dare modo al groviglio interiore di sciogliersi in un lineare e comprensibile getto d’inchiostro, e trasferirsi così sulla carta in forma di scrittura. Quando scriviamo lo facciamo sempre per qualcuno, per chi c’è o per chi ci sarà, così da non parlare disperatamente solo a noi stessi. La necessità di condivisione con l’altro ci incalza, dona forza al flusso immaginifico e creativo e in qualche modo ne indirizza il senso.


Si dice che il dubbio generi conoscenza, e io, di dubbi, ne ho sempre avuti moltissimi... Non so se ho mai saputo sbrogliare certi nodi che mi opprimevano la gola, sicuramente scrivere mi ha dato sollievo:


Io sono la mia malattia e la mia cura

appuntava la me quattordicenne sul suo taccuino… Quanta saggezza, ma chissà se comprendevo veramente la potenza di questa affermazione. Intanto quei nodi si poggiavano decisi sullo sterno, provocandomi una certa vena malinconica, un umore di bile nera, che talvolta provo ancora:


Molto spesso sento come una fitta alla pancia, che è frutto della mia suggestione però! È questo che mi preoccupa! È quasi quella stessa sensazione che si prova quando si sta per fare un esame, oppure dopo l’esame e si aspetta l’esito finale. Quasi come se costantemente la mia vita fosse sottoposta al giudizio degli altri, e un po’ lo è.

Nemmeno l’affanno mi è mai mancato:


Fosse l’anima un sospiro, quante vite ho già perduto.

E mi domandavo poi se questa condizione di sospiratrice seriale fosse almeno in parte condivisa con qualche altra persona nel mondo:


Io quando sospiro in realtà non sto pensando a niente la maggior parte delle volte. Si sa che quando una persona sospira vuole dire che sta pensando a qualcosa di nostalgico o a un suo sogno o desiderio impossibile; ma io no. Io sospiro, ma non penso. Forse il mio sospiro nasce da qualche mia profonda e nascosta emozione che si manifesta così, senza il bisogno di un pensiero o di un’immagine che lo sostenga. Chissà se anche agli altri succede una cosa simile.

Oggi potrei permettermi di controbattere però, senza voler ferire la giovanissima me del passato, che non è possibile non pensare; i pensieri ci sono, il conflitto si genera quando non possiamo o non vogliamo razionalizzare ciò che proviamo in quel momento, e dunque spegniamo i pensieri mentre accendiamo le emozioni. D’altronde il volo pindarico dentro di noi è sempre pericoloso… Se poi si è nati sotto l’influsso di Saturno, la malinconia è quasi una costante.


La musica mi ha sempre tratto in salvo da tutto, anche da me stessa, e allo stesso tempo ha decisamente amplificato la mia sensibilità:


Io suono. Quando suono, suono al buio, suono fuori dal tempo, suono sott’acqua, non c’è spazio, non c’è pensiero, non c’è scopo. Le note sono leggere, galleggiano nell’aria vuota di un tempo indefinito, assumono le sembianze delle mie emozioni, dalle più profonde alle più superficiali, alle più frivole. La musica ha il potere di piegare la tua anima al suo volere. Ha il potere di cancellare per quei pochi attimi tutti i tuoi pensieri; le parole, che come scure farfalle inebriano la tua mente, non prendono più il sopravvento, ma si inchinano alla musica, le lasciano tutto lo spazio che essa desidera. Suonare è un gesto totale.

Eppure tornavo sempre a scrivere su quel taccuino quando provavo un certo malessere, il più delle volte quel famoso male di vivere:


Dentro ho un vuoto. Un vuoto che desidera essere riempito. Non sempre quando scrivo mi sento felice e spensierata, come ho sostenuto qualche pagina addietro… Anzi. È proprio il riaffiorare di pensieri, sensazioni ed emozioni negative e opprimenti a suscitare in me il desiderio di scrivere. Io scrivo ciò che provo, ciò che penso, ciò che percepisco. Tutto quello che tengo rinchiuso dentro me a poco a poco, per non impazzire, lo trasferisco imprigionato su queste pagine… Oh, com’è difficile capire e saper cogliere il senso di questa mia vita! È così complicato andare avanti in questo mondo così grande e chiuso in se stesso, un mondo che non ti vuole lasciare spazio… Sono una candela che arde nella notte.

Oggi però mi è chiaro: non era un vuoto, quello era semplicemente lo spazio da riempire, pronto ad accogliere, era la fonte della mia creatività! E poi, come già disse Calvino, a volte uno si crede incompleto ed è soltanto giovane. Comunque mi consumavo, sì, come una candela, senza rendermi conto che intanto quell’atto provocava la luce, la scintilla del fuoco della vita. Oggi quelle scintille le vedo chiaramente negli occhi degli altri portatori di luce che incontro: sono quelle persone luminose, in loro arde un fuoco caldo, lo sento e ne sono attratta. Fuoco chiama fuoco. Tutto il senso di questa vita sta nel mantenerlo sempre acceso.


Come le corde in budello della mia viola barocca producono dolci melodie e soavi accenti, così le corde del mio cuore vibrano sollecitate dal gemere delle mie viscere. Umori e suoni si mescolano nell’armonia del creato: siamo di fatto creature creatrici, e sentite come crepita sotto la lingua questo fuoco. Il musicista e il suo strumento uniti in una sola meravigliosa entità: chi potrà mai separarli?



Buonanotte, sognatori.



 

Nell'immagine di copertina: Vanitas vanitatum, Natura morta con violino, flauti, spartiti musicali e mappamondo, Edwaert Collier (c.1640-1707).

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