top of page
Immagine del redattoremarta_violetta

Robert Schumann: il dramma di un genio e la tragedia dell'essere umano moderno.


Robert Schumann (1810-1856), compositore e sommo talento musicale del Romanticismo, conclude tragicamente la sua vita in una clinica psichiatrica a Endenich in Germania, a soli 46 anni. Un genio sfortunato quindi, colpito da una malattia mentale incurabile e relegato in un manicomio; un “pazzo tra i pazzi”, che in questo periodo storico erano così volutamente e fortemente idealizzati. Allora come oggi è ancora questa l’opinione più diffusa riguardo la figura di Schumann, e nessuno ha ritenuto particolarmente degna di compassione la sua triste fine, nonostante questa abbia sempre generato interesse.


Compassione che, invece, è stata pienamente riservata a Clara Wieck, moglie di Robert Schumann e virtuosa del pianoforte, considerata dal mondo di allora come la “moglie duramente provata”, definizione che è stata fatta propria poi anche dai posteri.

Clara stessa, da parte sua, dopo la morte del marito ha continuato a vivere la sua vita nell’abnegazione, coltivando la memoria di Robert ed esibendo al piano le sue composizioni per guadagnare da vivere per sè e per i suoi otto figli. In questo modo si è formata l’aureola intorno alla coppia ideale di due grandi artisti, dotati di talenti plurimi e differenti.


La presunta pazzia di Schumann, l’ipotesi che fosse sifilitico e l’episodio abbastanza romanzato del tentato suicidio nelle gelide acque del Reno hanno contribuito a rendere leggendaria la memoria del compositore, sublimandone vita e opere. La leggenda è stata amplificata dai media nel 2006, nel centocinquantenario della morte di Robert Schumann: “creatore della più bella musica romantica finisce i suoi giorni in manicomio”.

È una storia così commovente che non induce a cercare la verità! I fatti concreti e l’esperienza interiore di Schumann non appaiono altrettanto significativi e non sono diventati materia di indagine. È parso sufficiente vedersi confermati nelle proprie convinzioni.


Ma come dimostrano le più recenti ricerche del neurologo e psichiatra tedesco Uwe Henrich Peters, decisivi furono i tredici giorni prima dell’ingresso di Schumann in manicomio; infatti è esattamente questo il lasso di tempo in cui si scatenò una improvvisa e precipitosa successione di eventi che portò al giorno in cui Clara e i figli abbandonarono Robert in fretta e furia, per non rivederlo mai più.

Dopo soli altri tre giorni Schumann fu trasferito al ricovero dei pazzi a Endenich, dove inizialmente avrebbe dovuto ristabilirsi nel giro di qualche settimana, e invece vi rimase per sempre, nonostante tutti gli sforzi che fece per uscirne.


Gli eventi che precedettero i tredici giorni furono comunque causati da problemi che sussistevano già da lungo tempo, e questo è assolutamente comprensibile, dal momento che ogni essere umano si porta dietro il bagaglio della propria intera vita vissuta con un personale e unico modo di sentire, pensare e reagire. Nel caso di un genio, come fu Schumann, l’indagine sulle vicende esistenziali interiori ed esteriori ci può aiutare a comprendere meglio le sue opere.


 

Ritratto di Schumann: i disturbi somatici e psicologici durante gli anni a Düsseldorf



Tutto comincia a partire dalla data del 2 settembre 1850, quando Schumann, incalzato dalla moglie Clara, accetta l’incarico di Direttore musicale dell’orchestra e del coro di Düsseldorf. Per entrambi i coniugi questo prestigioso incarico procurava concreti vantaggi: per Robert significava ricevere un regolare ed elevato compenso che si aggiungeva agli introiti per le composizioni e ai diritti derivanti dalla posizione di Musikdirektor della città.

Per Clara la situazione era anche più vantaggiosa, perché poteva vivere in modo agiato come da sempre desiderava, continuando la sua brillante carriera concertistica, dando lezioni private di pianoforte e godendo di buona fama alla luce della posizione del marito.


Purtroppo però, le aspettative che tutti, Clara compresa, riponevano in Robert non vennero soddisfatte. Schumann non ha mai posseduto una “totalità artistica”, cosa che gli fu di grave impedimento nel suo nuovo incarico: si rivelò ben presto incapace di dirigere coro e orchestra.

Questo dipendeva in parte dal suo carattere, era infatti particolarmente introverso e sensibile, non era abbastanza autorevole e quindi non era nemmeno in grado di suscitare, con la propria personalità, l’entusiasmo di un uditorio. Per lui, che preferiva esprimersi in forma scritta in lettere e diari, entrare in contatto diretto con le persone era molto difficile e gli procurava disagio; sapeva infatti essere eloquente solo raramente e con persone di sua piena fiducia.

In altra parte le sue carenze dipendevano dal fatto che in adolescenza Schumann non aveva ricevuto la necessaria formazione musicale, e inoltre, giovanissimo, si era anchilosato un dito della mano destra e questo gli impediva di suonare con scioltezza il pianoforte. Durante le prove era infatti sempre affiancato da Clara, che compensava la sua carenza come pianista.


Clara, al contrario di Robert, aveva una personalità esuberante e decisa, amava stare al centro dell’attenzione ed esibirsi in concerti in pubblico, e fu lei per prima a costruire l’immagine di Schumann per il pubblico e la posterità, cercando di suscitare un’impressione favorevole e mai lasciando cadere una parola sulle carenze del marito. Clara infatti aveva su di lui le stesse aspettative del grande pubblico, e questo fece sì che Schumann si trovasse impossibilitato a comunicare alla moglie le sue necessità interiori: per il compositore denaro e titoli non erano mai stati importanti, aveva bisogno solo di isolamento, silenzio e libertà per sviluppare la sua creatività musicale.


Lo aveva detto chiaramente a Clara molto tempo prima del matrimonio, quando nel 1837 le aveva scritto:


Se dal cielo non scende una mano ad aiutarmi, non saprei proprio come fare ad aumentare in breve tempo il mio reddito, come pure mi auguro per amor tuo. Sai di che genere siano le mie attività. Sai bene che sono di natura puramente intellettuale, che i miei lavori non possono essere fatti a orario, come quelli manuali e altri simili… Che tuttavia ci si possa allargare, che io riesca a guadagnare di più, è cosa che va da sé, e deve essere presa in considerazione; ma che io possa produrre quanto basti a soddisfare i desideri che forse nutri, questo non lo credo… Adesso sai ciò di cui dispongo… Tutto naturalmente dipende da come ci regoleremo… Mi piacerebbe sopra tutto… avere una bella casa non lontana dalla città… - lavorare - in santa pace e vivere accanto a te… Non so però se questo possa renderti felice a lungo…

L’antitesi tra i coniugi e la contraddizione tra volere e potere nella vita pubblica di un direttore d’orchestra non potevano non comportare gravami psicologici, e per Robert la situazione era assai più pesante che per Clara. Questa situazione, accentuata dalla potenziale conflittualità tra i due, portò a una degenerazione del problema a livello psichico, che trovò espressione poi a livello somatico: tra le reazioni somatiche di Robert vi furono infatti le affezioni uditive.


In questi anni Schumann cominciò a soffrire di acufene, un disturbo dell’udito noto anche come tinnitus aurium, che consiste in possibili manifestazioni di fischi, rombi, fruscii, scampanellii e simili, che si avvertono nell’orecchio. Il tinnitus può avere intensità variabile, può essere così sommesso da udirsi soltanto nel silenzio della notte, fino ad essere talmente rumoroso da dare l’impressione che l’orecchio sia accostato allo scarico di una motocicletta.


Per un musicista, il fenomeno riesce assai più disturbante che per ogni altra persona, dal momento che causa la riduzione o la perdita totale della sensibilità uditiva. Oggi sappiamo che questo fenomeno è causato dalla tensione di fibre della muscolatura del collo dalla parte dell’orecchio, e che la tensione interessa anche la nuca e la schiena. Questa tensione muscolare è di origine psichica, e quando compare per la prima volta è impossibile capire se sia l’inizio di una malattia oppure una innocua reazione somatica a qualcosa di spiacevole.



Robert Schumann. Dagherrotipo realizzato il 20 marzo 1850 in uno studio di Amburgo. Schumann è ritratto nell’atteggiamento del pensatore malinconico. Aveva molti dubbi sull’incarico di Musikdirektor che gli era stato offerto a Düsseldorf. Il 2 settembre 1850, contro un’intima resistenza, iniziò l’attività.

 

Tredici giorni prima della fine



La sera del 14 febbraio 1854, Schumann riporta nell’agenda di casa:


Verso sera molto forte [segue una parola indecifrabile] (stupenda musica).

L’accenno qui è a due cose distinte che nella giornata si sovrappongono. La prima è appunto una affezione uditiva, mentre la seconda ci testimonia qualcosa di diverso: Schumann sente una musica senza che ci sia qualcuno che l’abbia effettivamente suonata. Si tratta infatti di un’allucinazione uditiva, primo sintomo del delirio alcolico che colpì il compositore in questi giorni.

Fin da ragazzo Schumann aveva trovato conforto nell’alcol, beveva molto e spesso, anche dopo il matrimonio con Clara; tutte le sere, sia prima che dopo cena, si recava regolarmente in un’osteria e beveva almeno quattro boccali da mezzo litro di birra.

Questo vizio di Robert aveva reso difficile il rapporto con Clara fin dai tempi del loro fidanzamento, tant’è che la ragazza lo aveva più volte ripreso e minacciato di interrompere la loro relazione se lui non avesse smesso, ma evidentemente senza successo.


Robert, già nel 1828, aveva scritto nel suo diario:


Quando mi sono ubriacato o ho vomitato, il giorno dopo la fantasia è più fluttuante e più alta. Durante l’ubriachezza non riesco fare niente, ma dopo sì.

Allo stesso modo la sua creatività si concentra incredibilmente in brevi periodi, intensi giorni di super-attività compositiva, interrotti da lunghi momenti di silenzio. Negli anni di Düsseldorf il consumo di alcol da parte di Schumann era poi notevolmente aumentato a causa dello stress emotivo e dal mancato superamento del conflitto derivante dal fatto di doversi conservare l’incarico senza d’altra parte essere in grado di rispettare gli impegni.



L’ultimo ritratto noto di Robert Schumann, disegnato da Jean-Joseph-Bonaventure Laurens il 14 ottobre 1853. Nelle pupille dilatate Laurens avrebbe riconosciuto segni di malattia mentale. In verità denotano solo ansia. Altri nel gonfiore del viso credevano di aver scoperto segni di sifilide. In verità, era colpa dell’alcol e della troppa birra.


Tre mesi prima di questo episodio decisivo, il 6 novembre 1853, una commissione aveva incontrato Clara e aveva cercato di convincerla che fosse meglio per Robert rinunciare al suo incarico di direttore, proponendo un compromesso: sarebbero stati disponibili a sponsorizzare il lavoro di compositore di Schumann, evitandogli il gravoso compito di dirigere coro e orchestra. Per contro, egli avrebbe dovuto accettare una parziale riduzione del compenso. Ma Clara era stata irremovibile, non aveva intenzione di rinunciare a quei soldi che la prestigiosa carica del marito portava alla famiglia, e sciolse immediatamente il contratto di Robert.


Ancora una volta, Clara scavalcava la volontà decisionale di Robert e lo metteva in una condizione di difficoltà e di disagio: a quel punto, se Robert avesse voluto contraddire la decisione di Clara, sarebbe andato incontro ad un durissimo conflitto con lei. Dunque Robert preferì sottomettersi alla volontà della moglie e sembrò così incapace di parlare per se stesso. Schumann comunicò successivamente la sua decisione di mettersi in sciopero, a cui seguì un ultimatum da parte del Consiglio di amministrazione; il 18 novembre 1853 Schumann venne licenziato dall’incarico di Musikdirektor di Düsseldorf.


Il 24 novembre 1853 i coniugi Schumann partirono insieme per una serie di concerti che Clara avrebbe tenuto in Olanda; un modo anche per allontanarsi e distogliersi dalle preoccupazioni che li affliggevano. Durante il primo giorno di viaggio, per la prima volta dopo la grande decisione, il corpo di Robert si impose con una forte reazione: si verificò cioè una nuova affezione uditiva. Quella rivolta del corpo era la chiara e concreta espressione di una concomitanza di esperienze, in primo luogo la perdita dell’incarico, che, a partire da quel momento, non sarebbe più stata rimediabile.


Successivamente, una nuova tournée portò Clara, sempre accompagnata da Robert, ad Hannover (Germania), dove i due rimasero 10 giorni; tornarono a Düsseldorf il 30 gennaio 1854.


Il 10 febbraio 1854 Schumann venne stravolto da un fatto che andava a minare l’ultima sua certezza: essere un grande compositore. Quel giorno, infatti, scrisse una lunga lettera al suo amico compositore Robert Franz a Halle, che però non sentiva da otto anni, in uno stato di forte agitazione: le parole di Schumann non lasciano dubbi, e rivelano la tutta la sua indignazione per ciò che su di lui il filosofo Friedrich Hinrichs, in un saggio su Wagner e la nuova musica, aveva scritto liquidandolo come un compositore finito:


Se di Schumann parliamo […] purtroppo non si può tacerlo, si è sperduto, e ormai si è ammanierato nell’accezione più triste del termine.

Schumann, che aveva già subìto una sconfitta in ambito lavorativo perdendo il suo incarico e mettendo in crisi il matrimonio con Clara, era ora attaccato sull’ultimo fronte disponibile, l’ultima trincea in cui trovava riparo, ossia la composizione.

In tutte le critiche che per anni gli erano state rivolte, mai era stata messa in discussione la sua genialità di compositore, e in questo momento si sentiva concretamente attaccato da Hinrichs; le affermazioni di quest’ultimo erano come un colpo di spada inferto al già ferito animo di Schumann.


Quella stessa sera, infatti, Robert ebbe una gravissima affezione uditiva molto forte e penosa, come annota egli stesso nel suo diario. La causa fu dunque una profonda afflizione narcisistica: concetto di carattere psicanalitico, che serve a segnare il punto limite dell’esperienza.


Se Schumann sentì così acutamente l’umiliazione e reagì con tanta violenza, fu perché gli anni trascorsi a Düsseldorf erano stati per lui fonte di numerose mortificazioni del genere. Le quali, però, avevano risparmiato il nucleo della convinzione del proprio valore, della fiducia in se stesso, dell’autostima del compositore.


L’11 febbraio 1854 Schumann si era messo a lavorare assiduamente al suo Dichtergarden (“Giardino dei poeti”), un’opera di carattere letterario in cui raccoglieva poetici aforismi sulla musica. Proprio quella stessa notte cominciarono a manifestarsi i primi segni del delirio alcolico; troviamo questa annotazione di Robert nel suo diario:


Triste notte (disturbi uditivi e mal di testa). Con Dietrich in biblioteca.

E Clara, qualche settimana più tardi, scriverà anche lei un ricordo di questo episodio:


La notte di sabato 11 febbraio, Robert ha avuto una violenta affezione uditiva che è durata l’intera notte, e così intensa da impedirgli di chiudere occhio. Udiva sempre la stessa nota alla quale si aggiungeva a volte un altro intervallo. Situazione che è rimasta immutata per l’intera giornata.

In realtà il tinnitus aurium non impedisce il sonno, durante il quale l’acufene sparisce, ma riprende immediatamente non appena ci si svegli nel corso della notte. Questo rimane comunque un suono fastidioso, senza la possibilità di udire anche una seconda nota corrispondente alla prima. Clara evidentemente non aveva a disposizione un altro termine al di fuori di affezione uditiva.


L’annotazione di Robert per il 12 febbraio 1854 consiste in due brevi frasi:


Ancora peggio, ma anche magnifico.

Da un lato è dunque intervenuto un aumento, e d’altra parte egli ode piacevoli sonorità o addirittura armonie. Mentre la seconda frase è:


La volontà [sic!] si rivela “una solida fortezza”.

Robert esprime dunque la forte volontà di non voler essere sopraffatto e l’intenzione di continuare una vita normale. Ma il tinnitus, che tanto lo aveva tormentato, si stava già trasformando in delirio alcolico, che forse in questa fase poteva ancora essere bloccato. Parecchi giorni dopo, nella fase successiva acuta, sarebbe stato invece impossibile mettervi fine, e si sarebbe solo dovuto attenderne la naturale conclusione.


Prodromi di una condizione del genere sono anche sogni particolarmente intensi e realistici, come quello che ebbe Robert sei giorni prima, e che descrisse in una lettera indirizzata a Joseph Joachim:


Ho sognato di lei, caro Joachim; eravamo insieme da tre giorni – lei teneva tra le mani piumaggi dai quali sgorgava champagne – quanto prosaico! Ma anche quanto vero!

Un sogno realistico che ricorda bene il troppo alcol bevuto durante la visita a Joachim a Hannover, alla quale ha fatto cenno Robert nel suo diario di viaggio (bevuto molto, bevuto troppo).


Con ogni probabilità Clara ha esagerato nella sua annotazione sul giorno in questione, sempre scritta a distanza di settimane:


… dice che la musica è così splendida, con strumenti dal suono di tale magnificenza, che sulla terra non si è mai udito niente di simile! Ma naturalmente ne è travolto e terrorizzato. Il medico dice che non può fare assolutamente nulla.

Il medico cui si fa cenno è il dottor Hasenclever, il quale in realtà era più conosciuto come uomo di cultura, attivo in ambito letterario e musicale (scriveva poesie, componeva, organizzava eventi musicali, dirigeva un coro), amico di famiglia e stimato dai coniugi Schumann. Hasenclever, che non si accorse del delirio alcolico ormai in atto, è il principale responsabile dell’errata diagnosi psichiatrica formulata per Schumann e del suo trasferimento in manicomio.


Comunque, il 13 febbraio 1854 l’affezione uditiva di Robert non è peggiorata:


Magnifici dolori.

Ed eccoci arrivati al 14 febbraio 1854, giorno che né Clara né Robert sentirono come particolarmente preoccupante, tant’è che proprio quello stesso giorno si concessero la gioia dell’amore; per i due sposi sarà l’ultimo momento di intimità della loro vita insieme. Quella sera Robert ha udito una stupenda musica, e non si trattava di un’affezione uditiva, bensì di un’allucinazione. A partire da questo giorno ne trascorsero soltanto altri tredici fino alla definitiva separazione di Robert dalla moglie Clara e dai figli.


Il 17 febbraio 1854 fu proprio un venerdì nero per Schumann: il delirio alcolico giungeva alla compiutezza. Clara annota un ricordo di quella giornata nel suo diario:


Venerdì 17, nottetempo, mentre ci eravamo messi a letto da poco, Robert si è alzato e si è messo a scrivere un tema che, a suo dire, gli era stato suggerito dagli angeli; poi si è rimesso a letto, ed è rimasto per l’intera notte a fantasticare, sempre con gli occhi spalancati volti al cielo; era fermamente convinto che gli angeli gli aleggiassero attorno, facendogli le più splendide rivelazioni, tutte in magnifica musica; gli angeli ci davano il benvenuto dicendo che, prima ancora che l’anno finisse, saremmo stati insieme con loro. … È arrivato il mattino, e con esso uno spaventoso cambiamento! Le voci degli angeli si sono trasformate in voci demoniache con musica atroce; gli dicevano che era un peccatore, volevano sprofondarlo nell’inferno. Insomma, il suo stato d’animo si è trasformato in una vera e propria crisi di nervi urlava per i dolori (perché, come in seguito mi ha detto, gli erano piombati addosso in forma di tigri e iene per impadronirsi di lui) … e due medici, che per fortuna sono arrivati abbastanza in fretta, riuscivano a stento a trattenerlo. Mai potrò dimenticare quel momento nel quale ho sofferto, accanto a lui, i tormenti della tortura. Dopo una buona mezz’ora, si è tranquillizzato e ha detto che adesso erano tornate a farsi udire voci amichevoli che gli davano coraggio. I medici l’hanno messo a letto, e per alcune ore vi è rimasto, poi però si è alzato e ha apportato correzioni al suo concerto per violoncello, affermando che così facendo trovava un po’ di sollievo dall’incessante frastuono delle voci.

Il tema a cui Clara fa riferimento è quello delle Geistervariationen che Schumann cominciò a scrivere e stendere con cura a mano nelle primissime ore del suo delirio alcolico. Le grida di Robert, contrariamente a quanto sosteneva Clara, non erano di dolore, bensì di angoscia: uno stato tipico del delirio di chi beve soprattutto molta birra, come nel caso di Schumann.


Il delirio alcolico di Robert continuò fino alla sera del 19 febbraio, momento in cui la patologia era finalmente giunta al termine. Il 22 febbraio 1854, infatti, Schumann terminò la stesura in bella copia delle Geistervariationen, la sua ultima opera. Clara nel frattempo si era già rivolta ai medici, in particolare al dottor Hasenclever, che però fece una diagnosi completamente sbagliata e ipotizzò l’improvviso manifestarsi di una malattia neurodegenerativa.


Il 26 febbraio 1854 Schumann esegue al pianoforte una composizione di un giovane compositore a casa dell’amico e allievo Dietrich, è allegro e mangia e beve fuori misura. È tipico dei postumi di un delirio alcolico. Così ne annota Clara:


Domenica… lo stato d’animo era un po’ migliore, e la sera Robert ha eseguito dal signor Dietrich, ed è stato interessantissimo, una sonata di un giovane musicista, Martin Cohn, ma facendolo è entrato in uno stato di gioiosa esaltazione tale che il sudore gli colava dalla fronte. Poi, a cena, ha mangiato molto e con spaventosa fretta.

Il neurologo tedesco Karl Bonhoeffer, che si è specificatamente occupato di descrivere e analizzare questa patologia con tutte le sue manifestazioni, ha coniato una definizione in merito: “Condizione di fragilità iperestesica”. Tra le manifestazioni correnti si hanno anche una ipersensibilità agli stimoli sensori e modificazioni psichiche di vario genere, che ben presto danno luogo a uno stato di sfinimento e a violente quanto immotivate oscillazioni emozionali.


A questo punto però si aggiunge una seconda annotazione di Clara:


Improvvisamente alle nove e mezza si è alzato dal divano e ha chiesto i suoi indumenti perché, ha detto, doveva recarsi al manicomio, non era più padrone della propria mente e non era in grado di sapere che cosa avrebbe fatto durante la notte.

Clara reagisce con panico a questa situazione, peggiorandola, arrivando al punto di invocare aiuto:


Il signor Aschenberg, il nostro padrone di casa, è accorso immediatamente per tranquillizzarlo, e io ho fatto chiamare il dottor Böger; Robert ha preparato tutto quello che intendeva portare con sé, orologio, denaro, taccuino, penne, sigari, e tutto con chiarissima ponderazione. E quando gli ho detto: “Robert, vuoi dunque abbandonare tua moglie e i tuoi figli?”, ha replicato: “Non sarà una cosa lunga, tornerò al più presto guarito!”.

L’affermazione di Robert non era del tutto insensata, perché egli si rendeva conto che il suo stato agitava Clara. Più volte a Robert era capitato di doversi sottoporre a un periodo di cura per “nevrastenia” o malesseri affini, per esempio quando nell’agosto e settembre del 1852 si era recato nella stazione balneare di Scheveningen (Olanda meridionale). Anche allora nel suo diario si parla di spossatezza, disturbi nervosi, crisi di panico e idee ipocondriache.


Il dottor Böger, invece, era un medico che risiedeva nel vicinato, quindi facilmente reperibile. Böger però, invece di cercare di tranquillizzare Clara e Robert, spiegando loro che in breve tempo i sintomi della malattia sarebbero scomparsi da soli e senza complicazioni, alimentò il panico nascente in entrambi: convinse Robert a mettersi a letto e fece allontanare Clara dalla stanza di Robert, mettendo un infermiere a sorvegliarlo durante la notte.


Il giorno seguente, 27 febbraio 1854, Schumann continua a lavorare ad una collezione di poesie, un po’ disturbato dal parlottio che giunge dalla stanza vicina: è Clara con il dottor Hasenclever, tornato a fare loro visita, e i due stanno discutendo il futuro destino di Robert.

Schumann esce dalla stanza e incontra la sua primogenita, Marie, la quale gli confessa che la madre l’ha messa di guardia alla sua porta. Il compositore esce di casa furibondo. Clara racconterà che quel giorno pioveva a dirotto, ma sui giornali il bollettino meteo recita cielo coperto. Non si parla di pioggia. Il Reno è enorme e in piena, la corrente è violentissima.


Robert si avvia sul ponte che però è a pedaggio. Discute con il casellante e gli lascia in pegno un fazzoletto; strano comportamento per qualcuno preso dalla furia suicida. La leggenda è giunta a noi solo dal diario di uno degli amici di Schumann, Ruppert Becker: una nota scritta cinque giorni dopo e che riporta una testimonianza di terzi. Afferma che Schumann si sia gettato nel fiume e che sia stato ripescato e poi che abbia di nuovo tentato di tuffarsi e che sia stato ripreso nonostante il suo divincolarsi furioso. Robert viene riaccompagnato a casa miracolosamente vivo e… asciutto.


Né i giornali di Düsseldorf né quelli di colonia hanno pubblicato notizie sull’evento, del quale non si trova traccia in nessun diario, in nessuna lettera di quei giorni. In merito, non ci sono neppure verbali della polizia o altri documenti ufficiali. La leggenda si è subito appropriata di questa faccenda, e infatti esiste una serie di versioni differenti, tutte però molto più tarde, le quali professano di conoscere ciascuna una presunta verità. Nel 1856, dopo la morte di Schumann, Clara dirà ai propri figli di non aver mai saputo nulla di questo episodio.


Al suo ritorno Robert trova la sua casa vuota: Clara se ne è andata con tutti I figli. La partita è finita. L’amore, la famiglia, la professione e il suo stesso talento che lo aveva confortato nei momenti difficili, tutto è messo in discussione. Schumann non vuole essere un peso per nessuno, così, la mattina del 4 marzo 1854 lascia la sua casa e viene ricoverato a Endenich, vicino a Bonn (Germania), in una clinica privata.


È l’inizio di un inferno crudele e irrispettoso fino alla tragedia dell’alimentazione forzata con cannule di acciaio. Robert morirà di polmonite; una violenza a cui nessuno poteva sopravvivere, meno che mai un essere umano di quella sensibilità. L’autopsia confermerà l’assenza di malattie di altro tipo, incluse quelle veneree, a dimostrazione che la sua non è stata una tragedia della follia.



Robert e Clara Schumann in una litografia del 1847 di Eduard Kaiser.

 

In conclusione



Robert Schumann è stato un genio della musica romantica, innovativo, creatore, compositore, poeta, letterato, ma anche uomo sensibile, molto innamorato della moglie Clara e padre di famiglia. Per così a lungo, fino ad oggi, è stato volutamente incasellato nella categoria dei pazzi, dei matti, del “genio e sregolatezza”.


E questo l’abbiamo ritenuto possibile, perché è più facile per noi mettere etichette e categorie alle persone di genio e talento che hanno fatto la storia della musica, e non solo: Beethoven era burbero e misantropo, Brahms era intrattabile, Clara Wieck ha avuto una relazione con il giovane Brahms, Schubert frequentava le prostitute, Mozart aveva la sifilide… tutte cose false o solamente ipotetiche, ma anche così comode da pensare!


Quando accade che una persona sia geniale, in parte troviamo una giustificazione ai suoi comportamenti: “Sì, Schumann era matto, ma che bella musica ha scritto!”. D’altra parte, gettando un po’ di fango sulla sua memoria, possiamo sentirci tutti subito meglio, meno banali, e forse migliori.


Anche l’immagine ideale della coppia di artisti come furono Robert e Clara è in realtà stata costruita ad hoc: indubbiamente i due si amavano moltissimo, ma questo non è bastato ad annullare le divergenze nel tempo. Clara aveva desideri ambiziosi per la sua carriera come massima pianista d’Europa, e aveva bisogno degli applausi, dell’approvazione e dell’entusiasmo di un vasto pubblico. Robert, al contrario, aveva bisogno della calma e della serenità necessarie alla sua attività creativa e avrebbe preferito che Clara esercitasse la sua grande arte soltanto dentro le mura di casa, comportandosi piuttosto come una custode del focolare e madre di famiglia.


Una storia così attuale, che mette in luce le difficoltà di pari opportunità tra uomo e donna nel mondo del lavoro che ancora oggi sussistono. Clara, determinata nella sua carriera, nonostante le ripetute gravidanze e un’eccessiva figliolanza, continuò a dare concerti e lo fece anche dopo la morte del marito. Robert, che già era duramente provato dalla sua inadeguatezza come direttore musicale di Düsseldorf, non appena si sentì criticato anche come compositore, ebbe una violenta reazione psichica e somatica che si manifestò nel delirio alcolico, una psicosi di breve durata.


Il risvolto particolarmente tragico è che i medici curanti sbagliarono in pieno la diagnosi, nonostante il quadro patologico fosse già all’epoca ben noto: si diffuse rapidamente la voce che Schumann fosse affetto da una malattia mentale inguaribile, e subito si pensò alla sifilide, nel qual caso egli non poteva essere esente da colpe. Questa diagnosi errata è stata così accettata da tutti gli autori di biografie su Schumann.


Quando Schumann, il quarto giorno dopo la separazione da Clara e dai figli, venne portato alla clinica psichiatrica privata di Endenich, abbandonò Düsseldorf nella condizione di un fallito e di uno stigmatizzato. Aveva fatto fiasco nella borghese attività di Musikdirektor e di uomo capace di guadagnarsi da vivere. E fallito era anche quale marito, come partner di un matrimonio che, nonostante il grande amore tra i coniugi, aveva dimostrato di non poter reggere alle difficoltà. Schumann era bollato allora – e a tutt’oggi è rimasto – come pazzo. Il suo destino commuove, ma la compassione dei posteri va unicamente alla moglie Clara.


Possiamo dire che è stato comodo pensare ad un’improvvisa demenza di Schumann, lo abbiamo voluto pensare per 150 anni per trarne conforto, per darci una spiegazione, per quanto fragile. Abbiamo voluto tenere il suo dramma lontano da noi, perché in fondo sapevamo che la sua era la tragedia dell’essere umano moderno, di noi tutti e della nostra difficoltà a mettere insieme nel mondo reale le utopie, le più belle, del mondo interiore.



Clara e Robert Schumann, dagherrotipia realizzata il 20 marzo 1850 in uno studio di Amburgo. È l’ultima fotografia che li ritrae assieme, rappresentando la coppia ideale di due artisti che appaiono l’una il completamento dell’altro. Clara continuò a coltivare questa immagine dopo che Schumann venne confinato in manicomio. L’immagine è continuata a esistere fino al giorno d’oggi senza essere mai messa in dubbio.

 

NB: tutte le informazioni scritte provengono dalla mia tesi di laurea biennale in viola presso il Conservatorio "G.B. Martini" di Bologna: Robert Schumann, il sogno di un sogno: la viola scandaglio dell'anima, a.a. 2019-2020, relatore M° Antonello Farulli.




88 visualizzazioni0 commenti

Post recenti

Mostra tutti

Commentaires


bottom of page