Guida all'ascolto: Mozart, Quintetto per archi n. 4 in sol minore, K 516.
- marta_violetta
- 19 mag 2020
- Tempo di lettura: 4 min
Aggiornamento: 14 gen 2022
Composto a Vienna il 16 maggio 1787, il Quintetto K 516 nasce gemello del Quintetto K 515: entrambi esprimono la punta più matura della ricerca dell'autore e fanno parte, assieme ai due lavori K 174 e K 406/516b e ai due tardi quintetti K 593 e K 614, dei sei quintetti per archi composti da W.A. Mozart.
I quintetti K 516 e K 515 esplorano, con due risultati distinti e fra loro complementari, gli stessi principi di ambizione strutturale e profondità di contenuti. Quello in sol minore è infatti caratterizzato da una scrittura cupa e tragicamente espressiva, mentre quello in do maggiore risulta per contrasto molto solare e brillante.
Entrambi prevedono l’aggiunta di una viola alla classica formazione del quartetto d’archi e per questo sono chiamati quintetti con 2 viole, anche per distinguerli dai quintetti di Boccherini e Schubert, che prevedono invece il raddoppio del violoncello.
Questa scelta di raddoppiare la viola indica che molto probabilmente Mozart nutriva una predilezione per le voci intermedie; non a caso lui stesso si dilettava nel suonare la viola in quartetto.
La scrittura impiegata nei Quintetti è molto simile a quella dei Quartetti; Mozart impiegò infatti quella tipica dello stile classico, che presuppone un ruolo egualitario per ogni strumento, ottenuto non tramite la totale indipendenza melodica delle voci l'una dall'altra - come vorrebbe lo stile contrappuntistico - bensì facendo dialogare gli strumenti in modo da alternare reciprocamente la funzione melodica a quella di accompagnamento.
Nel 1787, mentre scriveva il Quintetto in sol minore K 516 in vista di una vendita per sottoscrizione, Mozart si trovava in uno stato di profonda frustrazione: il mancato successo a Vienna, un periodo relativamente infruttuoso dal punto di vista compositivo e la grave malattia del padre, che morì soltanto 12 giorni dopo la composizione di quest’opera, segnavano per lui un periodo di grave sofferenza.
Mozart scriveva infatti a suo padre:
Ora ho preso l'abitudine di essere preparato in tutte le cose della vita per il peggio. Poiché la morte, quando arriviamo a considerarla da vicino, è il vero obiettivo della nostra esistenza, ho formato, negli ultimi anni, relazioni così strette con questo migliore e più vero amico del genere umano, che la sua immagine non è solo non più terrificante per me, ma è davvero molto rilassante e consolante.
Fin dal primissimo ascolto il Quintetto in sol minore K 516 è capace di trasmettere grande pathos e drammaticità, caratteristica che ritroveremo nella Sinfonia n. 40 K 550, nota come la “Grande Sinfonia in sol minore”, che Mozart scriverà poco più di un anno dopo. Fu persino soprannominato “Patetico” in riferimento alla Sinfonia n. 6 di Ciajkovskij; il compositore scriveva infatti sul movimento lento di questo quintetto:
Nessun altro ha mai conosciuto così bene come interpretare così squisitamente nella musica il senso di dispiacere rassegnato e sconsolato.
Sapendo ben sfruttare la sonorità unica di questa particolare formazione quintettistica, Mozart fu infatti in grado di riprodurre il sentimento dell’angoscia in un modo che il solo quartetto non sarebbe stato in grado di rendere in egual misura.
Il tema iniziale del primo tempo, Allegro in forma sonata, è perfettamente bilanciato nel fraseggio, ripartito tra due gruppi strumentali: 2 violini e una viola, e 2 viole e violoncello. Questo primo tema è fortemente caratterizzato dalla presenza del cromatismo, che conferisce grande espressività.
Questa scrittura iniziale sembra faticare molto nell’allontanarsi dalla tonalità principale di sol minore, ricadendo sempre nello stesso colore malinconico e quasi triste. Infatti, dopo aver compiuto il tradizionale percorso di esposizione del primo tema, quello che dovrebbe essere il ponte modulante che porta alla tonalità del secondo tema, riparte invece dalla stessa tonalità di sol minore.
Lo sviluppo è breve ma di grande intensità, con serrate imitazioni di frammenti del secondo tema; in definitiva l'intero movimento appare di una impressionante coerenza drammatica.
Caratteristico è anche l’utilizzo del salto espressivo con l’uso di intervalli sempre più ampi, dalla sesta minore alla nona, che ritroveremo durante tutta l’opera.
Questo espediente drammatico è impiegato da Mozart anche nella famosissima Aria di Pamina del Flauto Magico, anch’essa in sol minore, dove la protagonista esprime tutta la sua disperazione nei confronti dell’amato che sembra non corrisponderla.
Anche se Il Flauto magico è stato scritto 4 anni dopo la composizione del quintetto, l’Aria di Pamina rende molto bene l’idea che Mozart aveva nell’esprimere gli affetti nella tonalità di sol minore: l’Adagio che precederà il movimento conclusivo Allegro del quintetto è una vera e propria scena d’opera, dove il primo violino, come Pamina, esprime i propri sentimenti da protagonista.
Il Minuetto conferma il clima sofferto con improvvise esplosioni accordali, aspri e ricurvi accordi diminuiti, salti e improvvise fermate e ripartenze. La straordinaria fluidità ritmica è data dallo spostamento metrico degli accenti forti sui movimenti deboli; questo crea un'instabilità così marcata che per contrasto persino le irregolarità della sezione del Trio sembrano più forti e stabili.
Nel sol maggiore del Trio - un canto intonato in maniera finalmente distesa - troviamo una illusoria parentesi di pace, prima della ripresa di un ambiente nuovamente "patetico" imposto dal ritorno del tema di Minuetto.
L’Adagio ma non troppo comincia con una frase in mi bemolle maggiore che viene recitata come una sorta di preghiera da tutti e cinque gli strumenti assieme. Ma subito dopo la scrittura di Mozart sembra improvvisamente frantumarsi, esprimendo indecisione sulla strada da percorrersi. Il discorso musicale diventa quasi moderno, l’iniziale concordia degli strumenti sembra perduta e i tentativi di ritrovare un’unità spirituale vengono frustrati da un dubbio, un interrogativo comune.
Si deve attendere la fine del movimento per raggiungere la pacificazione tanto attesa, dove il tema prosegue e conclude con la stessa atmosfera serena dell’inizio.
Nell’Adagio dell’ultimo tempo ritorna poi il clima cupo della tonalità di sol minore, ma anche qui c’è una costante ricerca di un elemento positivo che risolva i conflitti: ed ecco l’arrivo alla tonalità luminosa di sol maggiore nell’Allegro in 6/8, in un clima di idillio pastorale e ritrovata serenità, come l’immagine poetica della quiete dopo la tempesta.
E ora non mi resta che augurarvi buon ascolto!!!
Fatemi sapere cosa ne pensate... A presto!
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